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Archeo n. 462 – Agosto 2023

Editoriale

Estratto da Archeo n. 462 – Agosto 2023 La foto in questa pagina mostra una stele funeraria di età antonina (II secolo d.C.) proveniente da Zeugma, città fondata intorno al 300 a.C. da un generale di Alessandro Magno, Seleuco Nicatore. In origine affacciato sull’Eufrate, dal 2000 il sito, nell’odierna Turchia sud-orientale, è stato in massima parte ricoperto dalle acque di un invaso artificiale; non prima, però, che le sue vestigia – tra cui soprattutto i suoi grandiosi mosaici – venissero messe in salvo e trasportate in un apposito museo della vicina Gaziantep.

Museo che, da qualche mese, espone anche la nostra stele: lo scorso aprile, infatti, il reperto, trafugato dalla Turchia in Italia, è stato restituito dai Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Venezia all’ambasciatore della Repubblica di Turchia, Ömer Gücük, a Roma.

Quello della «stele di Satornila» (dal nome della donna raffigurata) è solo il più recente episodio di un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti: la restituzione di beni archeologici e artistici trafugati a opera di clandestini o, anche, come conseguenza di saccheggi e guerre, sollecita scelte e prese di posizione nuove. L’Italia, che sappiamo essere terra tra quelle del Mediterraneo più prese di mira – in passato ma anche in tempi recenti – dalla furia predatrice del mercato clandestino, ha ottenuto risultati notevolissimi su questo piano, grazie all’intelligenza (e alla caparbietà) di alcuni nostri archeologi e all’instancabile lavoro del sopracitato Nucleo.

Risale al gennaio di quest’anno la presentazione di 60 reperti archeologici, provenienti da scavi clandestini in Italia e immessi sul mercato antiquario statunitense. Dal valore stimato di oltre 20 milioni di dollari, gli oggetti hanno trovato la via di casa: «Un grande successo nell’ambito delle attività di contrasto al traffico illecito dei beni che appartengono alla nostra nazione», ha commentato il Ministro Gennaro Sangiuliano. In questo caso, infatti, come in quello della stele di Zeugma, nessuno può mettere discussione il diritto di proprietà che «le nazioni» esercitano su quei reperti.

Sappiamo che non è sempre stato e non è sempre così. Prendiamo il caso, recentissimo, dei «Bronzi del Benin», migliaia di sculture e rilievi in bronzo, rame e avorio, forse il più importante lascito dell’arte africana. Il significato storico-artistico di queste opere, così come l’influenza che esercitarono sulla pittura europea del XX secolo, è universalmente riconosciuto. Dal XV secolo, se non da qualche secolo prima, decorarono il palazzo reale dell’omonimo regno (oggi in Nigeria), nel 1897 divennero bottino di guerra dell’allora potenza coloniale britannica e vendute sul mercato internazionale. In questi mesi, la loro restituzione sta coinvolgendo (Continua la lettura sul numero di Archeo in edicola o abbonati!)

Andreas M. Steiner

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EDITORIALE
Restituire sempre?
di Andreas M. Steiner

ATTUALITÀ
NOTIZIARO

ARCHEOLOGIA SUBACQUE
Paesaggi di mare

ALL’OMBRA DEL VULCANO
Tutti a tavola!
di Alessandra Randazzo

SCOPERTE
Per l’Ercole dei cavatori
di Giampiero Galasso

FRONTE DEL PORTO
Un avamposto del cristianesimo
di Dario Daffara

ARCHEOLOGIA RUPESTRE
Tracce di antiche ritualità
di Giancarlo Sani

FORMAZIONE
Fare l’archeologo oggi: istruzioni per l’uso

A TUTTO CAMPO
Archeologia dei legami spezzati
di Federico Ugolini

INCONTRI
Nella terra degli uomini e degli déi

ARCHEOFILATELIA
Regina del Mediterraneo
di Luciano Calenda

L’INTERVISTA
Quei pittori di «parole alate»
incontro con Menico Caroli, a cura della redazione

SCAVI
Il cielo sopra Cartagine
di Lorenzo Nigro e Mounir Fantar

DONNE DI POTERE/5
Una mater di nome Livia
di Francesca Cenerini

MOSTRE
Quando gli Etruschi andarono a sud
a cura della redazione

SPECIALE
Butrinto. Sulla rotta di Enea
di Enrico Giorgi e Belisa Muka

RUBRICHE

TERRA, ACQUA, FUOCO, VENTO
Gran finale
di Luciano Frazzoni

L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
Fuga in Italia
di Francesca Ceci

LIBRI